Therapy, di David Lodge

Credo che la stragrande maggioranza dei libri che leggiamo ricada in due categorie temporali: il libro di attualità (l’autore del momento, il libro-rivelazione, l’ultimo Nobel..) e i classici acclarati, quelli cioè il cui autore è morto ormai da qualche decennio (gli ultimi italia sono stati Calvini, Moravia, Pasolini..). Tutti quelli che cadono in mezzo a queste due categorie rischiano l’oblio: solo una parte riesce a passare dal successo di oggi alla classicità domani. E oltre tutto è un po’ straniante leggere un libro ambientato non nel solito comodo passato, o nell’ovvio presente, ma in uno scomodo ieri che siamo appena riusciti a superare, i primi anni ‘90: lo ieri in cui si usavano rubriche ed elenchi telefonici, la propria vita sentimentale non dipendeva da SMS o Whatsapp ma dalla segreteria telefonica, e i documenti si inviavano via fax.. uno ieri in cui, nel Regno Unito, il governo Major viveva gli ultimi fuochi del thatcherismo con la privatizzazione di British Rail (mentre in Italia, dove tutto è più dolce, anche la recessione sembrava smorzata, le privatizzazioni stavano sì iniziando ma promosse dal centrosinistra, e per anni sarebbero state considerate un successo).

In questo limbo si situano i romanzi di David Lodge: celebre docente di letteratura inglese e critico letterario, umorista tra i migliori degli anni ’80 e ’90. Lo scoprii per caso quando una mia zia regalò a mio fratello “Paradise News” (“Notizie dal paradiso”) e per me fu una rivelazione, che mi portò a divorare la “trilogia del campus” (ovvero “Changing places”, “Small world” e “Nice Work”; i titoli italiani sono un po’ goffi: “Scambi”, “Il professore va al congresso” e “Ottimo lavoro, professore!”; quello oggetto di questo post sembra fatto per scoraggiare il lettore: “La felicità è di questo mondo”, 1998).

Lodge sconvolgeva una serie di certezze per un italiano (di allora e anche di poi): si poteva fare umorismo vero (e non ironia, satira, sarcasmo..), si poteva farlo da persona colta, letterata e arguta e non necessariamente da cafone sguaiato; si poteva vedere il turismo di massa non come un gregge di ebeti ma come la versione attuale dei pellegrinaggi medievali; si potevano inscenare scene di sesso divertenti non necessariamente triviali o pecorecce! (oppure tragicamente intellettualoidi: si pensi alla scena “climax” di “Caos calmo” di Veronesi, peraltro bel romanzo..).

A ben pensarci, ho incontrato i romanzi di Lodge secondo una tempistica fortunata: quelli del Campus alla fine dell’università; “Nice work” durante il primo Contratto di Formazione e Lavoro, e anche se ero solo un pivello incaricato del Controllo Qualità in una filanda, un po’ potevo identificarmi con il problematico dirigente industriale; e ora questo “Therapy” arriva proprio quando sto per compiere 54 anni, più o meno come il protagonista,e come lui, avere quasi trent’anni di lavoro alle spalle porta a considerazioni e scelte (a volte mi chiedo cosa sarebbe successo se quella zia avesse invece regalato “Trainspotting”..)..

Il romanzo parla di Tubby, sceneggiatore di serie televisive di successo, uomo fatto da sé ma pieno di buona volontà nel colmare le proprie lacune (è un continuo “look up” anche prima dei motori di ricerca!); arrivato alla mezza età e al successo, si trova nella tipica situazione di chi sta troppo bene per compiere scelte drastiche nella vita (come invece è più facile fare da giovani), ma tuttavia ne sente il bisogno. Per affrontare la sua generica nevrosi, somatizzata in un dolore al ginocchio che gli impedisce il tennis e in una episodica impotenza, Tubby utilizza contemporaneamente psicanalisi, agopuntura, massaggi (tutte le “Terapie” del titolo).. finchè la vita, di cui si sentiva quanto meno padrone, gli scoppia in faccia: la moglie lo pianta. Fin qui tutto sostanzialmente tutto in forma di diario, il che offre il vantaggio dell’immediatezza della prima persona unito al non sapere “che cosa succederà poi” da parte del narratore; ma al momento della sorpresa da parte della moglie inizia un intermezzo, una girandola di racconti da parte delle donne della sua vita, freneticamente “riscoperte” nel tormentato periodo della separazione: l’amante platonica Amy parla durante le sue sedute psicanalitiche, Louise, l’avventura californiana, mentre telefona a una collega altrettanto scafata, la giovane collega Samantha, la stessa moglie Sally..

I momenti di crisi, si sa, portano a ricorrere alle soluzioni più stravaganti: ed ecco che il nostro Tubby, probabilmente nemmeno diplomato, si scopre un’ossessione per Kierkegaard! Sapevo molto poco di questo pensatore, e Lodge riesce brillantemente a parlarne senza nasconderne le stranezze ma anche mostrando, con la sua consueta umanità e umorismo, come può davvero interessarci (il contrario dello spirito italiota della “Corazzata Kotiomkin”, purtroppo ormai dominante..).

La vera svolta nella storia è, però (anche questo non originalissimo, ma inevitabile) la riscoperta del primo amore adolescenziale: come troppo spesso accade, nato purissimo e ideale, ucciso dall’incombere di desideri impossibili e dalle convenzioni sociali. Lei, Maureen Kavanagh, è irlandese e Lodge ne approfitta come suo solito per una gentile presa in giro del cattolicesimo sia preconciliare (l’adolecenza cattolica negli anni ‘50, sia anche di quello un po’ New Age legato al Camino de Santiago, che quando questo romanzo uscì stava diventando un fenomeno di massa; ma Lodge è troppo colto e intelligente per deridere o ignorare tout court il cristianesimo come farebbero altri autori di moda: preferisce sempre pensare, ragionare, capire (e la sua satira mi lascia sempre con più simpatia per il cattolicesimo che per la “Church of England”).

Ci sono, naturalmente, alcuni segni dei tempi che datano il romanzo, più privati della privatizzazione di British Rail: il giovane maestro di tennis che subisce stalking da parte di Tubby (convinto che la moglie lo tradisca con lui) e che se lo vede arrivare in camera da letto una notte armato di cesoie per tagliargli, a quanto pare, il codino… non sporge denuncia perché, sopresa sorpresa, è in letto con il compagno! e quindi, pur “innocente”, preferisce che non si sappia con chi dorme per non guastarsi la reputazione nel circolo esclusivo dove insegna: è un segno di discriminazione subìta, che oggi non accetteremmo. Così come l’episodio della bella Samantha, che accetta il viaggio a Copenaghen con Tubby (che ha prenotato due stanze separate, ma solo per la forma) per un “pellegrinaggio kierkegaardiano” sapendo che è il prezzo da pagare per un posto prestigioso: uno sfruttamento sessuale implicito che oggi non troviamo più “maliziosamente divertente” (anche se il finale sarà davvero comico).

A chi non avesse mai letto Lodge e ne fosse incuriosito, consiglio di iniziare con la “Trilogia del campus” (possibilmente in lingua originale), e solo dopo passare a “Notizie dal Paradiso” o a questo; altri ancora, come “Deaf sentence” (sempre moscio il titolo italiano: “Il prof è sordo”..) sono per gli appassionati dell’autore.

Mi resta da leggere “Author, author” (il richiamo del pubblico che a fine spettacolo vuole vedere l’autore; solo in italiano titolo cambiato, ahimé: “Dura, la vita dello scrittore”..): a presto!

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